Intervista a Federico "Hunter" Di Pietro, il pioniere del wrestling siciliano | Nino Baldan - Il Blog

9 novembre 2014

Intervista a Federico "Hunter" Di Pietro, il pioniere del wrestling siciliano

Lasciamo per un attimo la storia passata della ICW e andiamo dall'altra sponda dello Stretto di Messina. Lì per anni c'è stata una frizzante attività relativa al wrestling, che ha portato con il tempo alla nascita dell'attuale XIW.
Ma andiamo ad incontrare Federico "Hunter" Di Pietro, mio vecchio amico, ideatore e co-fondatore dello sport-entertainment made in Messina!

Ciao Federico e benvenuto sul mio blog! Sono onorato di averti come ospite.
La prima cosa che ti voglio chiedere è: chi è Federico Di Pietro?
Come ti descriveresti a chi non ti conosce?

Federico "Hunter" Di Pietro

Grazie dell'invito! Per me è un piacere ripercorrere insieme la storia del wrestling italiano sulle pagine del tuo blog. Perché, alla fine, siamo stati io e te, lungo l'asse Messina-Venezia, ad iniziare a diffondere il wrestling in Italia. E lo abbiamo fatto da pionieri, prima delle puntate su Sky e Italia 1 e quando internet viaggiava a 56Kb.
Federico, oggi, è un comune impiegato. Abito da due anni a Milano insieme alla mia fidanzata Giovanna e conduco una normale vita da comune mortale fatta di lavoro, bollette da pagare e sporadici viaggi di piacere. Tuttavia, nel mio computer sono gelosamente conservati alcuni videoclip delle gesta di Hunter, la mia nemesi sul ring, che mi diverto a guardare ogni tanto e che mi ricordano a cosa sono dovute le varie cicatrici, bernoccoli e articolazioni scricchiolanti che ho oggi.

Come ti sei avvicinato al wrestling?

Tutto iniziò un'estate degli ultimi anni del XX secolo. Stavo cercando qualcosa in cantina e per caso ritrovai le action figures di Macho Man, Jimmy Snuka, Sgt. Slaughter e altri. Come un flash nella mia mente mi ricordai di quando avevo 6 o 7 anni e guardavo il wrestling in tv commentato da Dan Peterson. 
Avevo internet da poco e decisi di connettermi ad internet per cercare informazioni sul wrestling. A fine anni '90 non c'era alcuna coperture televisiva in Italia per il wrestling e io volevo saperne di più! Avevo infatti in mente solo qualche immagine sbiadita degli anni '80 e ricordo che la maggiore curiosità che volevo soddisfare era: "ma il wrestling che guardavo da piccolo è vero o finto?".
Cercando sul motore di ricerca Altavista (google non esisteva neanche) trovai il forum chiamato "Tuttowrestling" e inizia i divorarne i contenuti per cercare di soddisfare la mia curiosità.

Mi ricordo infatti di averti conosciuto su quel forum (in times new roman bianco su sfondo nero), in un post dove parlavo della mia federazione shoot veneziana, la TWC. Tu creasti la RWF, raccontaci qualche aneddoto relativo al periodo! È stata davvero una tua creazione come si dice?

Il logo della primissima Real Wrestling Federation

Mi ricordo che, a seguito del ritrovamento delle action figures e delle ricerche su internet, chiesi al mio grande amico Marcello (Xtreme Mark) se anche lui si ricordava del wrestling e di Dan Peterson. Anche lui, come me, credeva che non si trattasse di entertainment, ma di un vero sport agonistico!  Fu così che, avendo in mente quei personaggi straordinari e le loro mosse incredibili, decidemmo di provarle sulla nostra pelle e dimostrare a noi stessi che era possibile realizzarle realmente. Ecco che nacque la RWF. La sigla stava per Real Wrestling Federation, ed era una "federazione" di wrestling shoot composta da me e altri 3 quattordicenni che per ring utilizzavano un materassone di salto con l'asta situato all'interno di un campo sportivo di atletica dove ci introfulavamo di nascosto al custode dell'impianto (e al suo dobermann) per svolgere i nostri match. Ci creammo delle gimmick e iniziammo a combattere l'uno contro l'altro avendo in mente i cartoni animati dell'Uomo Tigre. Poche settimane dopo decidemmo di smettere con lo shoot. Per l'esattezza quando uno di noi perse un match con la schiuma alla bocca causa strangolamento. Stava diventando troppo simile a Tana Delle Tigri.

Poi ci fu la trasformazione della federazione da shoot a work, il cambio di nome in MWF e il trasferimento su un terrazzo. Parlaci di questo periodo e dei personaggi surreali e grotteschi che da questo momento hanno iniziato a comparire!

Con piacere! È qui che comincia il bello! Durante la breve esperienza della RWF ero riuscito a procurarmi una videocassetta del pay per view della WWF In Your House 17. L'avevo trovata in un negozio e la guardavo ogni giorno. Grazie ad essa e ad internet avevo finalmente capito che il wrestling era uno spettacolo e avevo iniziato ad apprezzarlo.
Insieme ai miei amici abbiamo così deciso di fare altrettanto e di far diventare la RWF una "federazione" work, ma per farlo urgeva cambiare nome e anche sede. Bisognava rimuovere "Real" dalla sigla e anche trovare un nuovo ring. Eravamo stanchi di dover ogni volta fuggire inseguiti dal dobermann del custode.
Il terrazzo di casa mia era perfetto, c'erano 4 pali che reggevano una veranda e che potevano facilmente essere usati come angoli del ring! Per terra avevamo messo dei vecchi materassi rimediati tra le nostre cantine e i cassonetti della spazzatura. Avevamo anche una telecamera ed eravamo pronti a dare vita ai nostri show e a vendere le videocassette tramite il sito internet che avevo realizzato su xoom.it.

Azione sul terrazzo durante un match della MWF

Gli show della neonata MWF, ovvero Messina Wrestling Federation, erano secondo me molto godibili. L'impronta entertainment era netta. C'erano backstage, interviste, telecronaca aggiunta in post-produzione, match con varie stipulazioni ed in palio una cintura da campione realizzata in cartone e plastica colorata! Ma erano le gimmick ad essere fenomenali. C'era Bolshevik, ovvero un cittadino sovietico con indosso la maglietta della nazionale di calcio spagnola e che parlava con accento russo maccheronico. Poi c'era Phobia, creato con una maschera di carnevale da mostro e che si contraddistingueva per la camminata lentissima, praticamente al rallentatore. E come dimenticare Dr. Frank, un camice da medico con la maschera di Frankenstein e un paio di guanti da lavoro. 
Eravamo quattro adolescenti che giocavano ad imitare le gesta dei wrestler professionisti. Ci divertivamo come matti, non avevamo nessuna ambizione e preparazione tecnica. Per noi era un passatempo e una soddisfazione riuscire a copiare i trucchi dei professionisti, riuscire a realizzare un suplex bello da vedere ci riempiva di entusiasmo.

Confermo per quanto riguarda la godibilità degli show: io stesso ero "abbonato" alla ricezione degli spettacoli in VHS, e quando tornavo da scuola non vedevo l'ora di aprire la busta per vedere come sarebbero proseguite le vostre imprevedibili storyline!
Di lì a poco assistemmo ad un'altra evoluzione: la MWF cambió di nuovo nome e diventó IWA. È qui che adottasti finalmente il tuo nome definitivo, Hunter?

Esatto. La IWA ha segnato il primo punto di svolta. Ormai ci "allenavamo" ogni giorno, sempre a livello amatoriale ovviamente, e registravamo i nostri "show" su vhs. Passavano i mesi e noi diventavamo sempre più ambiziosi. Il terrazzo di casa mia ci iniziava ad andare stretto e il "ring" che avevamo improvvisato era troppo morbido, perfetto per non farsi del male con le nostre manovre azzardate ma inadatto per correre e muoversi agilmente. Non era neanche possibile tendere le corde più di tanto, o avremmo rischiato di farci crollare la veranda addosso. Insomma, era necessario trovare una nuova sede dove poter costruire un ring migliore e, magari, avere anche dello spazio extra per invitare i nostri amici ad assistere ai match. Mi venne in mente che il capannone industriale utilizzato da mio padre come magazzino sarebbe stato perfetto. C'era tantissimo spazio e anche delle stanze vuote da usare come spogliatoio, l'unico problema che ci si presentava davanti era: ma come si costruisce un ring di wrestling?

Hunter ai tempi della IWA

Dopo settimane di tentativi, calcoli, numerose visite ai ferramenta della città e improbabili progetti ingegneristici, avevamo finalmente creato un ring "accettabile", oggi diremmo la versione 2.0 del nostro primo ring in terrazza; potevamo salire sui pali e lanciarci contro le corde, mentre la superfice era rigida e al tempo stesso molleggiata. Un cambio di nome era necessario per segnare il nuovo corso. Avevamo scelto Italian Wrestling Association, galvanizzati sempre di più dal piccolo seguito che iniziavamo ad avere su internet. In questo periodo ci eravamo allenati molto ed eravamo anche entrati in contatto con te, Bulldozer, Frost, tutti lottatori della tua creatura, la ICW, e abbiamo realizzato dei bellissimi show a Messina. Mi ricordo con immensa nostalgia quei giorni. Era bello conoscere altre persone che condividevano il nostro stesso sogno, ovvero creare una vera promotion di wrestling nazionale. Insieme siamo riusciti a creare il primo show tra promotion diverse in Italia, un'altro record, bisogna dirlo.

Ma non è stato solo per via del nuovo ring e dei nuovi amici che la IWA ha fatto da spartiacque. Nello stesso periodo io, Marcello e il mitico Bulldozer abbiamo frequentato uno stage di wrestling di diversi giorni in Inghilterra presso una promotion di professionisti. Dopo questa esperienza dimenticammo praticamente tutto quello che avevamo imparato da autodidatti e iniziammo ad allenarci nel modo giusto, memori delle lezioni imparate durante lo stage. È stato in questo momento che abbiamo cominciato a fare sul serio e a crederci ancora di più. 

Hunter esegue una frog splash sul ring della IWA

Era cambiato il nome della "federazione", la sede e, di conseguenza, anche le gimmick si erano evolute. Il personaggio di Bolshevik era ancora legato alla WWF degli anni '80, una caricatura ormai fuori moda. Mi serviva qualcosa di più "cool", che seguisse il trend dell'attitude della WWF dei primi anni 2000 e in cui io stesso, un sedicenne che si sentiva ribelle, potessi rispecchiarmi e identificarmi. Hunter era tutte queste cose: un teppistello punk violento, arrabbiato con il mondo intero e armato di videoregistratore da spaccare in testa agli avversari.
Sono ancora molto affezionato alla gimmick di Hunter, ci sono cresciuto insieme e anche lui si è evoluto con me lungo gli anni. Se mai dovessi tornare sul ring per un one night only, sarà come Hunter.

In che momento entrò in federazione Salvo “Storm”, il terzo nome storico del wrestling messinese insieme a te e a Marcello "Xtreme Mark"?

Salvo "Storm" sul ring della IWA

Salvatore era con noi già dai tempi della MWF. A quei tempi, fine anni ’90, era estremamente difficile trovare tra i nostri amici qualcuno che sapesse cosa fosse il wrestling, per cui riuscire a “reclutare” nuovi lottatori per la nostra federazione era un’impresa, la maggior parte dei nostri amici non erano interessati. Ricordo quindi la mia sorpresa quando, un pomeriggio dopo la scuola, Marcello venne a casa mia insieme a Salvo, dicendomi che era un suo amico che, come noi, voleva diventare un lottatore di wrestling. 
Il suo ruolo fu fondamentale durante la costruzione del ring della IWA. Fu tramite lui che trovammo il modo di procurarci la gommapiuma necessaria e diede un contributo importante in fase di progettazione. Credeva tantissimo in quello che stavamo facendo, e da subito affiancò me e Marcello alla guida della federazione. 

Nel periodo IWA iniziò anche un progressivo passaggio di testimone tra te e Xtreme Mark alla guida della Federazione. Raccontaci questo fatto.

Era il 2003 e se ben ricordo erano anche i primi tempi della XIW. Nel 2002 infatti, appena compiuti i 18 anni, siamo andati da un notaio e abbiamo registrato la XIW come associazione sportiva. Fino a quel momento io, Marcello e Salvatore avevamo gestito la promotion come un triumvirato. Legalmente ricoprivamo 3 diverse cariche: Presidente, Vice Presidente e Segretario, ma nella realtà non esistevano gerarchie. 

Xtreme Mark e Hunter si fronteggiano

Qualche mese dopo mi sono diplomato e iscritto all’Università a Torino. Avendo lasciato Messina era logico che la gestione delle attività quotidiane della promotion passasse a Marcello e Salvatore. Nel frattempo la nostra formazione e allenamento erano continuati e in quel periodo conseguimmo il diploma della Wild Samoan Training School, consegnatoci dal grande Afa Anoa’i in persona proprio a Torino. Aprimmo delle palestre a Roma e Milano dove insegnavamo i fondamentali del wrestling che avevamo imparato durante gli stage e i training in Italia, Inghilterra e alla scuola di Afa. Il mio ruolo principale all’interno della XIW diventò quello di trainer presso i poli della XIW, prima da Torino e poi da Roma. Appena avevo qualche soldo da parte prendevo il treno e andavo a dare una mano ai ragazzi che gestivano le nostre palestre a Roma e Milano. A me, fondamentalmente, interessava esibirmi durante gli show e allenarmi. Complice la distanza il timone passò a Marcello e Salvatore e, a distanza di anni e guardando la XIW oggi, posso dire che hanno fatto un ottimo lavoro.

Mi hai fatto capire di aver in qualche modo ideato la RWF, ma per quanto riguarda il passaggio a work (sul quale avete preceduto la vostra controparte veneziana), si è trattato sempre di un tuo guizzo creativo oppure si è trattato di un'azione corale dell'affiatato gruppo che avevate costituito?

Hunter sanguina in un evento IWA

Se non ricordo male l'idea di passare a work era stata mia. Navigando su internet mi avevo trovato un sito che elencava tantissime federazione backyard americane, suddivise per zona geografica. Alcune avevano anche un link al loro sito personale con tanto di foto e video dei loro show. La maggior parte combattevano sul prato di casa (ecco perchè si definivano backyard), altre su dei trampolini e qualcuna aveva un ring artigianale costruito in un bosco o all'aperto. Ne parlai a Marcello, gli mostrai le immagini e decidemmo di creare la RWF.

Sei stato uno dei nomi di punta del primo periodo XIW, che ricordi hai di quei momenti? Che cosa ti ha portato poi  ad abbandonare?

Hunter nella XIW

Si tratta degli anni che vanno dal 2002 al 2006 e sono quelli che ricordo con maggiore piacere e nostalgia per una serie di motivi. In primo luogo: il successo. A metà degli anni 2000 il wrestling era aumentato di popolarità in Italia grazie alla copertura televisiva e noi eravamo riusciti a sfruttare in pieno il “boom” realizzando una serie di show XIW a Messina e nel sud Italia davanti a 30.000 spettatori e anche insieme a wrestler professionisti della Combat Zone Wrestling ed ex lottatori della WWE. 
In secondo luogo: il fattore umano. Gli spettacoli e i training erano anche l’occasione per incontrarci tutti insieme. Ormai la XIW aveva affiliati in tutta Italia ed era divertente incontrarsi con te e tutti gli altri un giorno a Napoli, l’altro a Messina, a Milano o Roma. Quello che all’inizio era condivisione di un sogno, di una passione, era rapidamente diventato amicizia sincera e sentita, che continua ancora oggi, 15 anni dopo. 
Il terzo fattore è legato alla libertà creativa che avevamo. Facevamo quello che volevamo, decidevamo insieme come impostare le storyline, come farle evolverle. Non avevamo pressioni esterne, denaro ne girava pochissimo e appena sufficiente per rimborsare il viaggio, eravamo lì per stare insieme e divertirci. Lo spirito era ancora lo stesso dei primi show che facemmo a Messina con te, Frost, Bulldozer. Ci riabbracciavamo dopo qualche tempo e la sera a cena discutevamo del booking per gli show dei giorni successivi, tra risate, battute e spensieratezza. Tra l’altro era proprio il periodo in cui eri tu ad avere la direzione creativa della XIW.

Hunter porta sul ring alcuni neon per la sua epica battaglia contro Storm

Negli anni successivi il wrestling divenne ancora più popolare in Italia. I canali televisivi sia in chiaro che a pagamento trasmettevano wrestling quotidianamente e i primi investitori si fecero avanti per sfruttare il fenomeno. Marcello e Salvo vennero contattati dalla NuWrestling (o NWE), una società che organizzava show di wrestling con ex lottatori della WWE, interessata ad inserire dei wrestler italiani nei loro show. Fecero un primo tour in giro per l’Italia e qualche mese dopo Marcello e Salvo riuscirono a far salire a bordo anche me. Dal punto di vista professionale l’esperienza fu grandiosa. Ufficialmente dovevo occuparmi del montaggio e smontaggio del ring ma, una volta fatto quello, avevo la chance di allenarmi insieme a grandi professionisti americani e a lottare con loro durante lo show, anche se per dei brevi squash nella maggior parte dei casi.

Ai lati positivi, ovvero l’esperienza e il training con professionisti, facevano da contraltare una serie di fattori negativi che alla fine prevalsero e contribuirono alla mia uscita di scena. Il più importante era che non mi divertivo per niente. Montare e smontare era faticosissimo, anche perchè avevamo dei mezzi poco professionali e lavoravamo a ritmi inumani, dovendo a volte smontare il ring e partire immediatamente durante la notte per raggiungere la città successiva mentre i wrestler e l’organizzazione andavano a cena o in albergo a dormire. La sera ero così stanco che speravo di non figurare nel booking dello show, la maggior parte delle volte finivamo per montare il ring mezz’ora o anche solo pochi minuti prima dell’inizio dello show. Ricordo che ad Avellino non ebbi neanche il tempo di lavarmi le mani, ero stato inserito all’inizio dello show, quindi andai a mettermi il vestito da Lizard (la gimmick che adottavo in NuWrestling) tutto sudato e con le mani annerite dalle ore di lavoro.

Alla NWE nei panni di Lizard

Durante gli impegni con la NuWrestling, la XIW per forza di cose non poteva essere molto attiva. Ero arrivato a un bivio della mia vita: dedicarmi al wrestling a 360 gradi, abbandonare gli studi per lavore in maniera seria sul fisico e trasferirmi all’estero per imparare e fare esperienza, oppure restare in Italia, proseguire i miei studi universitari e far restare il wrestling un hobby. Scelsi la seconda. Mi sono impegnato all’università, ho studiato all’estero per un anno, ho iniziato a lavorare, mi sono laureato e fatto un master. Tutto questo mi aveva portato sempre più lontano da Messina e dall’Italia, le palestre di Roma e Milano avevano chiuso e io non potevo più allenare e allenarmi. Inoltre non sono mai stato bravo a coltivare le amicizie a distanza, per cui quando tornavo a Messina per due settimane ad agosto e una a Natale avevo finito per perdere un pò i contatti con Marcello e Salvo e con la rinata XIW. Ci siamo persi di vista, io ho seguito la mia strada e, complice la distanza, i viaggi, i miei impegni, la brutta esperienza in NWE e l’inattività della XIW e delle sue palestre ho finito per mollare.

Sei considerato uno degli atleti più estremi del wrestling italiano, uno che non ha mai avuto paura del dolore. Quali sono gli incontri più hardcore che hai disputato?
E i momenti più sanguinolenti della tua carriera?

Questa domanda mi fa piacere perchè è fortemente connessa al motivo per cui volevo diventare un wrestler, ovvero il mio lato esibizionista. Caratterialmente sono una persona riservata, mi tengo molte cose dentro, le conservo nella sfera del privato ed è difficile che esterni le mie emozioni, ansie, preoccupazioni. Il wrestling mi ha permesso di bilanciare questa tendenza, consentendomi di manifestare le emozioni che voglio in una maniera scelta e controllata da me. I match extreme, quelli sanguinosi, sono la sua realizzazione più clamorosa, evidente ed esagerata, in cui si utilizza anche il proprio corpo come veicolo e tramite di emozioni per il pubblico.

Hunter sanguinante durante il match contro Storm a XIW WAR 2

Per questi motivi sono sempre stato attratto dal wrestling estremo di cui, modestamente, credo di essere uno dei primi pionieri in Italia. Riuscire ad ammutolire il pubblico, a far calare il silenzio a seguito di un colpo inaspettato e violento e delle sue conseguenze sanguinose sul mio corpo mi gratificava molto di più dell’esultazione del pubblico per un contrattacco del “face” o di un applauso dopo un German Suplex ben eseguito.

L’incontro più sanguinolento è stato contro Thunder Storm durante uno dei nostri show a Messina. Era estate e ci trovavamo in un affollato lido in riva alla spiaggia. Il top spot del match prevedevano una battaglia di neon tra me e Thunderstorm in stile Guerre Stellari culminata con il neon in frantumi sulla schiena di Salvo, mentre il finale consisteva in una powerbomb di Thunderstorm su di me con atterraggio su centinaia di puntine da disegno e pezzi di neon. Il pubblico si ammutolì, io grondavo sangue da tutta la schiena mentre Salvo aveva un taglio profondo sul braccio. I medici del 118 ci medicarono e ci portarono al pronto soccorso per darci i tre punti di sutura di rito. Lo show in generale era piaciuto molto al pubblico, li avevamo impressionati al punto che, se ti ricordi, durante il main event il nonno di Marcello aveva superato le transenne e stava per colpirti veramente per difendere suo nipote!


Un altro bel momento hardcore è stato quando sono stato investito da un auto guidata da Bulldozer durante il nostro last man standing match a Messina. Fu uno dei momenti chiave del feud tra me e Bulldozer, destinato a durare a lungo e a dar vita a match sempre più volenti.

Ci sono possibilità di vedere Hunter di nuovo sopra un ring?

Federico "Hunter" Di Pietro oggi

Tornare a dedicarmi al wrestling come prima la vedo molto dura. Di lavoro faccio il Sales Manager per una multinazionale e questo mi porta ad essere in viaggio all’estero molto spesso, di conseguenza ho davvero poco tempo libero. Devo però confessarti che le tue domande mi hanno fatto ricordare e rivivere tanti bei momenti, vissuti soprattutto fuori ma anche dentro al ring. Per cui... chissà! Tornerei volentieri nei panni di Hunter nella giusta situazione, magari per un one night only o per una comparsata, senza pretese ma solo con tanta voglia di divertirsi e stare insieme. Sarebbe anche un’occasione per rivedere i vecchi compagni di avventure con cui per alcuni anni abbiamo condiviso e realizzato un sogno: aver creato dal nulla una promotion di wrestling italiana ed essere riusciti ad esibirsi davanti a un pubblico vero.
Grazie Federico per le tue risposte, un abbraccio e speriamo di rivederci presto!


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