Il bacaro veneziano a Tokyo - la mia esperienza | Nino Baldan - Il Blog

24 novembre 2014

Il bacaro veneziano a Tokyo - la mia esperienza

Targa del locale "Il Bacaro" di Shinjuku, Tokyo

Mi trovavo in quel di Shinjuku, quartiere centrale di Tokyo, mentre passeggiavo lungo un marciapiede. La strada era piena di negozi, ma il mio sguardo ricadde improvvisamente su una targhetta appesa fuori da un condominio: "Il Bacaro". Avevo letto bene?

Mi avvicinai: quel nome richiamava la mia attenzione più di ogni altra cosa nel circondario. La voglia di uno spritz all'Aperol nel cuore del Giappone mi intrigò al punto da spingermi all'avanscoperta nel secondo piano interrato di quel palazzone.

Murale veneziano presente all'ingresso

Appena sceso dall'ascensore, mi apparve davanti un grande murale che richiamava più o meno la fondamenta dietro chiesa di San Felice in Strada Nuova, con l'ingresso dell'osteria Vini Da Gigio, e un bel po' di sedie poste lì fuori.
La scena era tutto tranne che turistica e stereotipata, e alla sua sinistra ecco l'ingresso, con una grande insegna che fugava ogni mio dubbio: "Il Bacaro".

La porta d'ingresso e l'insegna

Entrai, e la prima cosa che feci fu chiedere se qualcuno parlasse veneziano, italiano, per lo meno inglese. Nulla. Soltanto giapponese stretto.
La situazione era surreale, perché ogni cosa era stata ricreata nel modo giusto da farmi sentire a casa: le pentole sul soffitto, le lavagnette con i prezzi, era addirittura stato allestito un bancone di cicheti, ma nessuno era in grado di comunicare con me e fugare i miei dubbi, le mie perplessità.
Perché quel posto esisteva? Perché "Il Bacaro" in pieno centro a Tokyo?
Di chi era stata l'idea? Al momento non ci pensai e provai comunque ad ordinare nella lingua di Albione: "two spritzes with aperol, please".

Uno spritz all'Aperol nel centro di Tokyo

Volli accompagnare il mio aperitivo fuori luogo con due ciccheti: una bella polpettina di carne ed un quadratino di polenta con baccalà mantecato.
Sì, il baccalà mantecato in Giappone.

Spritz all'Aperol e cicheto al baccalà mantecato a Tokyo

Come furono? Devo dire la verità: ogni passo della preparazione era stato eseguito con cura e in maniera fedele alla tradizione. Avrei avuto qualcosa da ridire soltanto riguardo la scelta degli ingredienti: la polpettina non conteneva cipolla nostrana bensì una sorta di porro, che donava alla pietanza un retrogusto da involtino primavera.
Ma su questo possiamo tranquillamente soprassedere: il Mercato di Rialto dove reperire le materie prime originali era forse un tantino distante dal quartiere di Shinjuku.

Fortunatamente venne in mio aiuto una ragazza del posto che in quel momento si trovava a pranzare in un tavolo vicino (l'unica all'interno del locale in grado di parlare l'inglese), offrendosi a farmi da interprete con il ragazzo che si trovava dietro al bancone che mi raccontò tutta la verità.


In pratica, il proprietario del locale è un giovane giapponese che ha vissuto per alcuni anni a Venezia, lavorando presso "Il Mascaron" in Calle Lunga Santa Maria Formosa e imparando a cucinare da Gigi, oste veneziano che qui ha raggiunto lo status di celebrità.

Sue sono le sue foto sulle pareti, in particolare alcune che lo ritraggono proprio ne "Il Bacaro" di Shinjuku come ospite d'onore.

Il banconiere estrasse alcuni libri sulle osterie veneziane che custodiva gelosamente, e quando il baffuto ristoratore lagunare fece capolino, il giapponese ripeté il suo nome: 
"Ji-ji! Ji-ji!", con un'emozione mista ad orgoglio.

Muro recante scritte in veneziano a Tokyo

I miei piani erano di andare a pranzare in tutt'altro locale, ma alla fine prevalsero la curiosità e la sensazione di trovarmi in un luogo fuori da ogni logica spazio-temporale. Scelsi quindi di fermarmi a pranzo, prendendo posto tra una clientela di soli giapponesi che dal modo sicuro di muoversi avevano tutta l'aria di essere degli habitué.

L'interno del locale di Shinjuku

Diedi uno sguardo al menù mentre lo stereo del locale diffondeva canzoni degli 883.

Pagina del menu de ''Il Bacaro'' di Tokyo

Optai per le "Linguine alla Busara". Sì, in Giappone mi sono mangiato una Busara.
Il piatto era ricco di salsa di pomodoro, di scampi interi e a pezzetti, tutto preparato secondo la tradizione. Devo confessare che a Venezia ne ho mangiate di peggiori.

Linguine alla busara a Tokyo

Per secondo ordinai una frittura mista, anch'essa molto ricca, e con un'infarinatura croccante e piuttosto asciutta che ricopriva pesci e crostacei del Pacifico.

Frittura mista di pesce a Tokyo

Al termine della mangiata, costata una sessantina di euro in due (aperitivo, cicchetti, acqua e coperto inclusi), mi sono soffermato per un ulteriore giro all'interno del locale. Diedi un altro sguardo alle foto appese ai muri che troneggiavano in mezzo a numerose scritte in veneziano realizzate da ospiti e turisti. Ed ecco apparire scatti in bianco e nero con tanto di dedica, provenienti da diverse osterie veneziane, prima tra tutti "Alla Vedova" in Strada Nuova.

Foto con dedica dei gestori di "Osteria alla vedova" a Tokyo

E poi "Sora Al Ponte" di Campo delle Becarie a Rialto, che nel frattempo ha chiuso i battenti per lasciare spazio ad un ristorante a gestione cinese.

Foto con dedica dell'osteria "Sora al ponte" a Tokyo

Ho ripreso l'ascensore e sono di nuovo riapparso a Shinjuku, con in me una strana sensazione: ero in un paese straniero, circondato da una cultura lontanissima dalla mia, ma con la pancia piena di cose di casa. Tanto che gli indaffarati businessman con la valigetta, le scritte al neon e le ragazzine nipponiche che tornavano da scuola avrebbero potuto benissimo essere gondolieri, insegne di bacari e studentesse dell'Algarotti.
Ed io essere in Strada Nuova.

Nino Baldan


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4 commenti:

  1. Risposte
    1. Ovviamente Matteo aspetto qui le tue impressioni :)
      Buona continuazione di soggiorno a Tokyo!

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  2. Una storia straordinaria! Ma il proprietario del locale non parla né italiano né inglese? Come lavorava in un ristorante a Venezia ed è riuscito a imparare la cucina veneziana?

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    1. Il proprietario non lo incontrammo perché in quel momento si trovava fuori città...ma di sicuro avrà conosciuto anche qualche parola di dialetto veneziano! :)

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